Oggi è l’11 luglio e si celebra la Giornata Mondiale della Popolazione.
Un appuntamento in cui focalizzarsi sulle disuguaglianze tra i popoli del Pianeta, anche e soprattutto alla luce dei rischi che l’incessante incremento demografico porta con sè.
Giornata della Popolazione: l’incremento demografico è un problema?
Oggi si contano circa 7,9 miliardi di persone sul nostro Pianeta.
Ci sono voluti decine di migliaia di anni per arrivare a un miliardo di persone e solo duecento anni per passare da 1 a quasi 8 miliardi.
Inquietante vero?
Giornata della Popolazione: l’incremento demografico è un problema?
Un insegnamento della storia della demografia è innanzitutto che le esplosioni demografiche sono temporanee.
Per diversi Paesi, infatti, la transizione demografica è già terminata.
Non solo, guardando al tasso di fertilità globale, è un fenomeno che si è già dimezzato, quindi è possibile prevedere la fine della rapida crescita della popolazione a cui abbiamo assistito nell’ultimo secolo.
Le stime delle Nazioni Unite prevedono che il tasso di crescita della popolazione continuerà a diminuire, arrivando allo 0,1% nel 2100, quando ci saranno 10,9 miliardi di persone. A quel punto saremo molto vicini alla fine della transizione demografica.
Se queste proiezioni saranno corrette vorrà dire che la popolazione mondiale sarà aumentata di oltre 10 volte nell’arco di 250 anni.
A quel punto ci sarà un nuovo equilibrio.
Infatti se in passato era l’altissima mortalità a tenere bassa la crescita demografica, in futuro sarà invece la ridotta fertilità a tenere bassa la crescita della popolazione.
Il risultato sarà un paese con una popolazione di età avanzata.
Se vi state domandando l’affidabilità di queste previsioni possiamo dire che le proiezioni migliorano costantemente. Per quanto riguarda quelle demografiche delle Nazioni Unite sicuramente non sono perfette, ma si sono rivelate spesso molto vicine alla verità.
Si presuppone che il cambiamento maggiore si verificherà in Africa. Attualmente ha una popolazione di 1,3 miliari di persone e per il 2100 la sua crescita dovrebbe arrivare fino a 4,3 miliari.
Spostandoci in Asia, gli ultimi 50 anni hanno registrato una rapidissima crescita. Oggi si contano circa 4,6 miliardi di persone, che dovrebbero salire fino a 5,3 miliari entro il 2050. Ma l’andamento avrà un cambio di rotta nella seconda metà del secolo, che dovrebbe decrescere. Secondo le stime, nel 2100 l’India sarà il paese più popoloso in assoluto, con 1,5 miliari di persone, contro gli 1,1 miliardi della Cina.
Si può presupporre quindi che entro la fine del secolo, più di 8 persone su 10, vivranno in Africa o in Asia.
L’invecchiamento degli abitanti della Terra è talmente pronunciato da avere un impatto sia a livello economico, sia sui servizi sanitari.
Ad esempio diminuisce la popolazione attiva, questo significa che le persone che lavorano sono sempre meno. Mentre quelli che percepiranno una pensione saranno sempre in crescita.
Per quanto gli anni in salute siano aumentati, la necessità di assistenza cresce di pari passo con l’età.
Se state pensando che la pensione non sarà sufficiente per tutti gli anni a venire, siamo d’accordo con voi.
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Una popolazione più numerosa inevitabilmente impatta maggiormente sull’ambiente. Questo succede perché da un lato sfrutta le risorse presenti e dall’altro rilascia una quantità di scarto sempre maggiori.
I cambiamenti climatici sono quindi fortemente influenzati dalla crescita demografica, che insieme al benessere economico, è uno dei fattori dell’incremento delle emissioni di gas serra.
Tuttavia, nonostante la sovrappopolazione possa sembrare la causa di tutti i mali, è necessario precisare che lo stile di vita impatta molto di più.
Lo stile di vita determina i consumi: infatti il 50% più povero della popolazione mondiale è responsabile soltanto di circa il 10% delle emissioni globali. Il 10% più ricco produce circa il 50% delle emissioni.
La cosiddetta impronta ecologica (https://quifinanza.it/green/impronta-ecologica-cose-calcolo/521838/) varia a seconda del consumo delle risorse della Terra, che è molto più alto nei Paesi più ricchi e sviluppati.
La transizione verso nuovi modelli di sviluppo e nuove abitudini di consumo è lenta ma necessaria.
Diminuire il tasso di deforestazione, scegliere materiali riciclabili, usare fonti rinnovabili, diminuire il consumo di carne, soprattutto quella rossa, sono soltanto alcune delle azioni per modificare il nostro impatto sul Pianeta.
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